“Tutti lo conoscono come il “Porticciolo Romano”, ma, come per altri edifici del complesso della Villa di Mamurra, la denominazione è inesatta. In effetti era una “piscina”
Continueremo certamente a chiamarlo così, ma non tutti sanno che in antico non era un porticciolo. Assunse la forma attuale circa 90 anni fa, ad opera del Marchese Afan de Rivera, proprietario di un’estesa tenuta sul promontorio che includeva l’area del porticciolo, che decise di trasformare l’insenatura naturale con preesistenti strutture romane in un piccolo porto, ad uso personale ma anche per i pescatori della zona.
Ma cos’era in origine? Il proprietario della Villa romana sul monte di Gianola, identificato dai più nella persona di (Lucio Vitruvio) Mamurra fece realizzare nell’insenatura naturale una piscina (dal latino “piscis”, pesce, quindi un vivaio ittico). Non una vasca ittica come la intenderemmo noi, ma uno spazio in cui i pesci venivano allevati nel pieno rispetto della loro natura, con percorsi costruiti tra le rocce del fondale, come solitamente avveniva nelle peschiere romane. I Romani erano ghiotti di pesce, ed ogni villa costiera o marittima che si rispettasse aveva un vivaio privato. In questo modo il pesce arrivava sulla tavola pronto per solleticare il palato dei proprietari, in questo caso Mamurra, con ricette raffinate.
La banchina e i moli del porto sono stati innalzati al di sopra di muri romani, e in molti punti di vede la sovrapposizione.
Le peschiere erano divise in settori delimitati da grosse griglie-grate di metallo che venivano alzate e abbassate, a mo’ di serranda; le griglie sono scomparse, ma restano i blocchi (ancora sott’acqua oppure riutilizzati) con le scanalature lungo le quali venivano fatte scivolare le griglie.
E quando il mare è particolarmente calmo, è possibile vedere chiaramente, nelle acque interne del porticciolo, i muri dei settori della peschiera”
Antonio De Meo