Azienda Agricola Minchella Lorenzo

Azienda Agricola Minchella Lorenzo

La sosta ideale lungo la terza tappa del Cammino in Mountain Bike.

L’azienda si trova alla fine della strada sterrata in località Filetto, prima di superare la forcella di Campello ed entrare nel territorio di Itri. Qui è possibile fare una sosta per degustare l’ottimo formaggio marzolino, tipico formaggio di capra dei Monti Aurunci. Lorenzo, il proprietario, vi potrà raccontare tutti i segreti di queste splendide montagne, percorse negli anni da tutta la sua famiglia di pastori.

Su richiesta è possibile utilizzare uno spazio in azienda per una sosta in tenda.
Si trova in via Redentore snc (contrada Filetto) Formia 

 Lorenzo +39 368 778 6348      + 39 328 569 7426

Lorenzo +39 368 778 6348 + 39 328 569 7426

Gli Eventi del Cammino

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Le Avventure del Cammino

Il burattino di Pinocchio

All’interno del borgo storico di Maranola, a Formia, si trova una piccola esposizione permanente dedicata al burattino più famoso al mondo: Pinocchio.

Nata dalla volontà dei cognati del “Mastro Geppetto” Francesco Viola, la mostra contiene oltre 200 pezzi unici di Pinocchi in legno d’ulivo creati dalla sua fantasia e dalla volontà di superare attraverso l’arte manuale, le sofferenze della vita. Un tuffo in un mondo antico, fra giochi e mestieri che si stanno perdendo, attraverso la rappresentazione di una delle storie più lette al mondo.

Per informazioni contattare su WhatsApp o sms Stefania Gionta 3381909493

Pagina facebook: https://www.facebook.com/pinocchioamarcord

Le Orme dei Dinosauri

Le orme di dinosauro ad Esperia sono le più antiche mai scoperte nel Lazio, ci sono più di 40 impronte che risalgono a 120-140 milioni di anni di più vecchie di quelle rinvenute a Sezze. Le orme finora studiate dal docente Umberto Nicosia dell’Università di La Sapienza di Roma , sono di due tipologie. La prima presenta 3 dita dirett3e in avanti , in cui sono visibili chiare tracce di unghie. L’altra tipologia consiste in impronte circolari o ellittiche. Le impronte risalgono al periodo Cretaceo, quando l’intero territorio era ricoperto di acqua. Questi pachidermici hanno rilasciato le loro orme sul fango e su queste si sono sedimentati altri strati di materiale… Orme ritrovate quasi per caso da Maria Grazie Lobba e Sergio Nozzoli intenti a perlustrare la zona durante le loro escursioni…

Fonte www.comune.esperia.fr.it

Il Castello di Roccaguglielma

Roccaguglielma è la roccaforte medievale che domina l’abitato del comune di Esperia, nonché nome storico del capoluogo comunale, oggi detto anche Esperia superiore.

Roccaguglielma è ubicata sul Monte Cecubo, alla sommità di un costone roccioso. La fortificazione sorge a 500 m s.l.m. a strapiombo sull’abitato da cui è raggiungibile. L’area, che è visitabile, è di proprietà del demanio

Fu costruito intorno al 1103 probabilmente dove giacevano strutture più antiche per volere del normanno Guglielmo di Blosseville (spesso trascritto Glossavilla). Egli fondò anche l’abitato a piedi del castello, difeso con una cerchia di mura rinforzate da 12 torri con tre porte (di Caporave, di Santo Spirito e di San Bonifacio); l’abitato aveva anche una cinta interna, anch’essa con tre porte (di Portella, di Santa Croce e del Morrone). Attualmente le fortificazioni sono in gran parte diroccate.

Il castello era collocato in modo da controllare il passo montano che congiunge direttamente Pontecorvo ed Aquino con Gaeta, senza passare per il territorio non normanno di Montecassino. Alleato con i castelli di Campello, Pico, Rivomatrice e San Giovanni Incarico formò per qualche decennio un piccolo potentato indipendente detto dei cinque Castelli de Foris, circondato da territori cassinesi.

Nei secoli la collocazione strategica di Roccaguglielma e del suo feudo ne fece un territorio spesso conteso. Tra le famiglie nobili che ne presero possesso si ricordano gli Spinelli, che nel XIV sec. realizzarono molte opere edilizie, i della Rovere e i Farnese, Nel 1497 e nel 1503 Roccaguglielma e il suo territorio subirono pesanti distruzioni a opera del capitano spagnolo Gonsalvo di Cordoba. Il periodo più florido fu tra il XVI e il XVII sec. Nel 1636 il feudo fu devoluto alla camera regia. Nel 1654, a seguito di un violento terremoto, si ebbe una nuova devastazione.

Gli anni della Repubblica Partenopea furono di grande diffusione locale del brigantaggio, che aveva forte presa sulla popolazione rurale spesso in funzione anti-napoleonica; agirono sul territorio l’itrano fra Diavolo periodo napoleonico e poi, nel periodo post-unitario, Chiavone. Sotto il governo di Gioacchino Murat, si realizzò una nuova sistemazione amministrativa del territorio: Roccaguglielma fu separata dalle attuali frazioni di Esperia inferiore e Monticelli che costituirono il comune di San Pietro in Curolis. Dopo l’Unità d’Italia, nel 1867, Roccaguglielma e San Pietro si fusero e presero il nome di Esperia.

Oggi vicino al Castello sorge una chiesetta dei Padri Trinitari dedicata alla Santa Vergine, costruita nello stesso luogo dove sorgeva l’antica cappella del castello.

La statua del Redentore

Agli albori del XX secolo, per ricordare i venti secoli di “Redenzione”, il Pontefice Leone XIII si fece promotore del progetto di realizzazione di venti monumenti a Gesù Redentore da collocarsi su altrettante vette d’Italia.

Per realizzare il progetto venne costituito a Bologna un comitato nazionale  che doveva coordinare e selezionare le diverse associazioni locali. L’Arcidiocesi di Gaeta, per voce del suo arcivescovo mons. Francesco Niola, fu la prima a rispondere positivamente all’iniziativa mettendosi in collegamento con il comitato di Roma fin dal 1896 e individuando quale responsabile locale il parroco di Maranola don Vincenzo Ruggiero.

Il comitato nazionale accettò la proposta della Diocesi di Gaeta di posare uno dei monumenti sulla vetta del Monte Altino nel territorio di Maranola, sito strategico di un vasto comprensorio che includeva nei suoi confini 46 diocesi.

Per i lavori di realizzazione occorsero 10 mesi: la statua, modellata a Roma dalla ditta Rosa –Zanazio & C. e fusa in Francia dalla fonderia Tuse Mense di Parigi, venne consegnata alla fine del settembre del 1900 e collocata sulla cima del monte, sopra un obelisco, nel mese di aprile del 1901 e il monumento  inaugurato il 31 luglio 1901.

Il monumento era formato da un alto obelisco avente sulla sommità una maestosa statua di Gesù Redentore Benedicente, in ghisa del peso di 21 quintali e alta 3 metri.

Appena sette anni dopo, nella notte tra il 29 e il 30 ottobre 1907 una violenta scarica di fulmini colpì il monumento a Gesù Redentore. La statua venne sbalzata dalla cima dell’obelisco con la testa spezzata e lo stesso obelisco danneggiato. Ci vollero altri sei anni perché nel 1913 l’’infaticabile arciprete di Maranola don Vincenzo Ruggiero riprendesse l’iniziativa per la ricostruzione della statua, coinvolgendo la comunità locale e diocesana in un nuovo progetto.

Il 5 giugno 1915 don Vincenzo Ruggiero muore e il nuovo parroco don Carlo Piccolini raccoglierà l’eredità del predecessore dando nuovo vigore all’iniziativa. Per la ricostruzione venne scelto, dall’Amministrazione comunale, il progetto monumentale dell’arch. Paterna-Balduzzi che, per la complessità dei lavori e l’enormità della spesa, divenne presto insostenibile e quindi abbandonato. Al suo posto venne realizzato un progetto di molto ridimensionato, affidato all’architetto Giacinto Mastroianni che concluse l’opera costruendo “un obelisco lavorato a travertino attorniato da un tempietto a mezzo sferoide con all’interno tre lati con altari dedicati a S. Benedetto Abate, a S. Luca Ev., a San Carlo Borromeo e al quarto le lapidi commemorative”.  il monumento ultimato fu inaugurato il mattino del 18 ottobre 1919, nella forma che ancora ora oggi possiamo ammirare.

Alcuni narrano che quando la statua fu decapitata nel 1907 a causa del fulmine, la testa del Cristo fu ritrovata in una delle vasche che servivano ad abbeverare gli animali in località Pornito, altri, invece, sostengono che sia rotolata attraverso il canalone sin giù a Maranola, dove fu custodita dagli abitanti nella Chiesa della SS. Annunziata.

Santuario di San Michele Arcangelo

Posto ad una altitudine di 1158 m., all’interno di un anfratto naturale incastonato nella cupola calcarea del monte Redentore (1252 m.), si erge il Santuario di San Michele Arcangelo.
Lugo di culto dedicato al Santo conosciuto fin dai primi decenni del IX secolo come sito cenobitico sotto la giurisdizione dell’abbazia di Montecassino.

La leggenda racconta che fosse la stessa statua dell’Arcangelo a scegliere il luogo dove essere venerata e che, fuggita prima dalle sponde formiane di Gianola e poi dalla cima del monte Sant’Angelo in Spigno per non sentire le imprecazioni dei pescatori, decise la tranquilla e solitaria cima dell’Altino (come allora era chiamato il monte Redentore) per rimanervi per sempre. Da allora il Santuario, divenne nel tempo, meta di pellegrinaggio delle popolazioni locali che ancora oggi vi si recano in processione nei mesi di giugno e di settembre di ogni anno.

Il Santuario venne restaurato e in parte riedificato, sulle rovine del precedente manufatto, alla fine del XIX secolo dall’allora arciprete di Maranola don Vincenzo Ruggiero che inaugurò la nuova struttura nell’agosto del 1895.
Il nuovo progetto redatto dall’ingegnere Silvio Forte di Trivio , sanificò la grotta creando un ambiente circolare, chiuso da una facciata in stile neo-gotico, all’interno del quale una nicchia scavata nella roccia funge da altare con la statua di San Michele Arcangelo e una fonte perenne sgorga nel lato sinistro della chiesa.

L’attuale edificio, rimasto inalterato, conserva sull’altare maggiore la statua di San Michele Arcangelo raffigurante un soldato con corazza, elmo e mantello che brandisce la spada e con il piede destro sottomette Lucifero. La statua su base quadrata, alta novantaquattro centimetri, è stata realizzata in peperino nero romano. La leggenda attribuisce all’epoca romana la sua origine, ma studi più recenti la fanno risalire al XVI secolo: ipotesi avvalorata anche dalle iniziali scolpite sulla statua “P.F.”, attribuite allo scultore di scuola romana Pompeo Ferrucci, vissuto tra il 1566 ed il 1637.

La Chiesa di San Giovanni dell’Acqua

Poco distante dal borgo di Maranola, lungo la via che porta agli Aurunci, possiamo incontrare questa piccola
chiesa rurale, una delle più antiche esistenti sul territorio.

Menzionata già in una In una pergamena del 978 nella quale il Duca Marino e Giovanni IV suo figlio, donano a Pietro sacerdote, monaco eremita del Monastero di San Michele Arcangelo sul monte Altino, la Chiesa di San Giovanni Battista, nel luogo detto “Acquola”.
Oggi il toponimo in cui è presente la chiesa  è San Giovanni dell’Acqua o in dialetto “Santi Janne”.

La Chiesa, di piccole dimensioni, è composta da un’unica navata e dal solo altare maggiore posto di fronte al portale d’accesso. Costruita su di una fonte di acqua perenne, sull’estremo lembo collinare a ridosso della montagna, il manufatto rappresenta, probabilmente, uno dei primi tentativi di colonizzazione del territorio da parte degli abitanti del tempo.

Ai piedi della chiesa insiste, sulla fonte perenne, una fontana utile sia per l’abbeveramento degli animali che come lavatoio, fatta costruire dall’amministrazione comunale di Formia nel 1929, come testimoniano i racconti degli abitanti e un reperto murato sul muro di spalla della stessa fontana: “A VII E F – Anno Settimo Era Fascista”. Attualmente la chiesa, posta in una proprietà privata, è ridotta in
rovina e conserva i soli muri perimetrali.