Il burattino di Pinocchio

All’interno del borgo storico di Maranola, a Formia, si trova una piccola esposizione permanente dedicata al burattino più famoso al mondo: Pinocchio.

Nata dalla volontà dei cognati del “Mastro Geppetto” Francesco Viola, la mostra contiene oltre 200 pezzi unici di Pinocchi in legno d’ulivo creati dalla sua fantasia e dalla volontà di superare attraverso l’arte manuale, le sofferenze della vita. Un tuffo in un mondo antico, fra giochi e mestieri che si stanno perdendo, attraverso la rappresentazione di una delle storie più lette al mondo.

Per informazioni contattare su WhatsApp o sms Stefania Gionta 3381909493

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La statua del Redentore

Agli albori del XX secolo, per ricordare i venti secoli di “Redenzione”, il Pontefice Leone XIII si fece promotore del progetto di realizzazione di venti monumenti a Gesù Redentore da collocarsi su altrettante vette d’Italia.

Per realizzare il progetto venne costituito a Bologna un comitato nazionale  che doveva coordinare e selezionare le diverse associazioni locali. L’Arcidiocesi di Gaeta, per voce del suo arcivescovo mons. Francesco Niola, fu la prima a rispondere positivamente all’iniziativa mettendosi in collegamento con il comitato di Roma fin dal 1896 e individuando quale responsabile locale il parroco di Maranola don Vincenzo Ruggiero.

Il comitato nazionale accettò la proposta della Diocesi di Gaeta di posare uno dei monumenti sulla vetta del Monte Altino nel territorio di Maranola, sito strategico di un vasto comprensorio che includeva nei suoi confini 46 diocesi.

Per i lavori di realizzazione occorsero 10 mesi: la statua, modellata a Roma dalla ditta Rosa –Zanazio & C. e fusa in Francia dalla fonderia Tuse Mense di Parigi, venne consegnata alla fine del settembre del 1900 e collocata sulla cima del monte, sopra un obelisco, nel mese di aprile del 1901 e il monumento  inaugurato il 31 luglio 1901.

Il monumento era formato da un alto obelisco avente sulla sommità una maestosa statua di Gesù Redentore Benedicente, in ghisa del peso di 21 quintali e alta 3 metri.

Appena sette anni dopo, nella notte tra il 29 e il 30 ottobre 1907 una violenta scarica di fulmini colpì il monumento a Gesù Redentore. La statua venne sbalzata dalla cima dell’obelisco con la testa spezzata e lo stesso obelisco danneggiato. Ci vollero altri sei anni perché nel 1913 l’’infaticabile arciprete di Maranola don Vincenzo Ruggiero riprendesse l’iniziativa per la ricostruzione della statua, coinvolgendo la comunità locale e diocesana in un nuovo progetto.

Il 5 giugno 1915 don Vincenzo Ruggiero muore e il nuovo parroco don Carlo Piccolini raccoglierà l’eredità del predecessore dando nuovo vigore all’iniziativa. Per la ricostruzione venne scelto, dall’Amministrazione comunale, il progetto monumentale dell’arch. Paterna-Balduzzi che, per la complessità dei lavori e l’enormità della spesa, divenne presto insostenibile e quindi abbandonato. Al suo posto venne realizzato un progetto di molto ridimensionato, affidato all’architetto Giacinto Mastroianni che concluse l’opera costruendo “un obelisco lavorato a travertino attorniato da un tempietto a mezzo sferoide con all’interno tre lati con altari dedicati a S. Benedetto Abate, a S. Luca Ev., a San Carlo Borromeo e al quarto le lapidi commemorative”.  il monumento ultimato fu inaugurato il mattino del 18 ottobre 1919, nella forma che ancora ora oggi possiamo ammirare.

Alcuni narrano che quando la statua fu decapitata nel 1907 a causa del fulmine, la testa del Cristo fu ritrovata in una delle vasche che servivano ad abbeverare gli animali in località Pornito, altri, invece, sostengono che sia rotolata attraverso il canalone sin giù a Maranola, dove fu custodita dagli abitanti nella Chiesa della SS. Annunziata.

Fossa Joanna e la sua leggenda

Negli ambienti carsici la dolina si presenta come un improvviso avvallamento del territorio; spesso tale avvallamento è di dimensioni contenute, e finisce per trasformarsi, col cedimento del terreno, in un vero e proprio inghiottitoio (o foiba). A volte, però, tali zone assumono dimensioni ragguardevoli, presentandosi come delle vere e proprie radure. Questo è il caso di Fossa Joanna, una dolina magnifica ad oltre 1300 m di quota, in territorio di Spigno.
Alle falde del monte Petrella, lo spiazzo, di oltre 100 m di diametro, si apre tra le foreste; le dimensioni e l’altitudine sono tali che non si riescono neanche a vedere le cime delle montagne circostanti.
Varie leggende circondano questo luogo, non a caso chiamato anche “Fossa delle streghe”. Si dice che qui vivesse una fattucchiera, dedita al culto del diavolo e capace di preparare pozioni maligne: il suo nome era, appunto, Joanna. Si dice che essa sia stata arsa viva da alcuni briganti, che vollero vendicarsi del fatto che avesse rivelato il loro nascondiglio.
Ma, c’è dell’altro… se si riesce a parlare con i pastori della zona, essi forse vi diranno di essere restii a lasciare i cavalli al pascolo in quella zona: nel caso rimangano là di notte, vengono ritrovati la mattina seguente con le criniere annodate in fitte treccine. Si dice anche che non sia tanto consigliabile campeggiare nel luogo di notte e che, anzi, nessuno sia riuscito a resistervi per una notte intera. Del resto, a Spigno si sussurra che, ad inizio estate, là ancora si riuniscano le streghe, dedicandosi alle loro danze magiche.

Una volta giunti nel cuore di questa stupenda dolina, ci si può guardare intorno, ed allora si avvertirà una strana sensazione, come se si fosse osservati, come se nei boschi circostanti qualcuno o qualcosa si stia nascondendo…

Santuario di San Michele Arcangelo

Posto ad una altitudine di 1158 m., all’interno di un anfratto naturale incastonato nella cupola calcarea del monte Redentore (1252 m.), si erge il Santuario di San Michele Arcangelo.
Lugo di culto dedicato al Santo conosciuto fin dai primi decenni del IX secolo come sito cenobitico sotto la giurisdizione dell’abbazia di Montecassino.

La leggenda racconta che fosse la stessa statua dell’Arcangelo a scegliere il luogo dove essere venerata e che, fuggita prima dalle sponde formiane di Gianola e poi dalla cima del monte Sant’Angelo in Spigno per non sentire le imprecazioni dei pescatori, decise la tranquilla e solitaria cima dell’Altino (come allora era chiamato il monte Redentore) per rimanervi per sempre. Da allora il Santuario, divenne nel tempo, meta di pellegrinaggio delle popolazioni locali che ancora oggi vi si recano in processione nei mesi di giugno e di settembre di ogni anno.

Il Santuario venne restaurato e in parte riedificato, sulle rovine del precedente manufatto, alla fine del XIX secolo dall’allora arciprete di Maranola don Vincenzo Ruggiero che inaugurò la nuova struttura nell’agosto del 1895.
Il nuovo progetto redatto dall’ingegnere Silvio Forte di Trivio , sanificò la grotta creando un ambiente circolare, chiuso da una facciata in stile neo-gotico, all’interno del quale una nicchia scavata nella roccia funge da altare con la statua di San Michele Arcangelo e una fonte perenne sgorga nel lato sinistro della chiesa.

L’attuale edificio, rimasto inalterato, conserva sull’altare maggiore la statua di San Michele Arcangelo raffigurante un soldato con corazza, elmo e mantello che brandisce la spada e con il piede destro sottomette Lucifero. La statua su base quadrata, alta novantaquattro centimetri, è stata realizzata in peperino nero romano. La leggenda attribuisce all’epoca romana la sua origine, ma studi più recenti la fanno risalire al XVI secolo: ipotesi avvalorata anche dalle iniziali scolpite sulla statua “P.F.”, attribuite allo scultore di scuola romana Pompeo Ferrucci, vissuto tra il 1566 ed il 1637.