Chiuso il sentiero storico di San Michele dal Redentore a Pornito
l Comune di Formia ha disposto la chiusura del sentiero San Michele Rifugio Pornito- Cima del Redentore a causa degli eventi calamitosi che hanno determinato una frana sul sentiero. Lo ha stabilito il sindaco Gianluca Taddeo con un’apposita ordinanza. Nel testo si legge che in seguito al nubifragio di giovedì scorso è stata segnalata “la presenza di un evento franoso di massi di medie dimensioni lungo una porzione del sentiero montano Pornito – Redentore e di un successivo accumulo di detrito da frana”, che ha comportato l’ostruzione del sentiero. La XVII Comunità Montana ha richiesto subito l’emissione di un’apposita ordinanza di chiusura a salvaguardia dell’incolumità pubblica. Il sentiero storico religioso San Michele non presenta più dunque i requisiti minimi di sicurezza e l’amministrazione comunale ha ritenuto necessario adottare il provvedimento.
VARIANTE DEL CAMMINO DEGLI AURUNCI IN ATTESA DELL’APERTURA DEL SENTIERO
La chiusura del sentiero impedisce la discesa sul sentiero n.960 che conduce dal Redentore verso il Rifugio di Pornito, passando per l’eremo di San Michele. In alternativa, dopo aver raggiunto il Redentore, occorre tornare indietro fino alla località Valliera e proseguire lungo la strada sterrata fino a raggiungere il Rifugio di Pornito e poter proseguire verso Maranola.
Nella mappa in alto, si evidenzia in rosso il sentiero n. 960 interdetto e in verde la variante che vi consigliamo di seguire.
Sport e storia, un connubio che ha suscitato tanto interesse da parte dei soci e simpatizzanti dell’associazione Maremoto che, in collaborazione con la Pro Loco “Antonio Lisi” di Coreno e l’associazione Linea Gustav di Cassino, hanno organizzato una giornata all’insegna della memoria sul territorio di Coreno, tra racconti e testimonianze degli eventi bellici della Seconda Guerra Mondiale.
La linea Gustav, la linea difensiva organizzata dal fronte tedesco da Ortona a Gaeta, proprio in questi territori ebbe la sua maggiore resistenza: gli alleati, sbarcati a Salerno, impiegarono 8 mesi per riuscire finalmente a “sfondare” la linea per raggiungere Roma.
Le popolazioni dei territori degli Aurunci Orientali, durante questo lungo periodo, si sono trovati tra i due fuochi e furono straziati dalle rappresaglie dell’uno e dell’altro fronte. I bombardamenti distrussero gran parte dei paesi arroccati sulle numerose colline del territorio e la popolazione fu costretta a rifugiarsi nelle grotte e nelle “caselle” in montagna, tuttavia senza riuscire a scampare alle rappresaglie di guerra che inevitabilmente li coinvolgevano.
Il “Sentiero della Pace” e il “Monumento di Marinaranne” ne sono testimonianza, ed è stato il percorso in comune dei due gruppi sportivi.
L’interesse per il tema storico ha raccolto numerosi bikers e camminatori, che sono stati accolti calorosamente da un rappresentante del Comune di Coreno, la Dott.ssa Rosalba Belmonte, delegata alla cultura, accompagnati dalle guide dell’associazione Maremoto, Maria Letizia Grella e Riccardo Palma, tra storie e aneddoti raccontati da Salvatore Costanzo responsabile dell’Associazione Linea Gustav di Cassino e Gaspare Biagiotti, della Pro Loco “Antonio Lisi” di Coreno.
Un percorso di 40 km, ad anello, ha condotto il gruppo dei 20 bikers presenti, sui sentieri di Monte Maio, Vallemaio con la visita al Museo delle Ombre, la Fonte di Salomone, il sentiero antico di “Sprecamugliera”, la Valle di Suio e Castelforte.
Il percorso a piedi di circa 8 km, inizialmente in comune, deviava verso Monte Ornito, nel ricordo dell’eccidio di Vallaurea, tra i resti delle trincee tedesche.
L’atmosfera particolare, ricca di emozioni forti, paesaggi che richiamano continuamente i luoghi della memoria, è stata completata a tavola al Ristorante Il Brigante con un pranzo completo che ha ripagato abbondantemente l’impegno sportivo, con la sua specialità del maialino al forno con patate.
Si ringraziano i bikers delle associazioni Mtb Kromo Riders di Mondragone e Mtb Ruote Libere di Ferentino e tutti i partecipanti a piedi e in mountain bike provenienti da Pozzuoli, Napoli, Latina, Itri, Cassino, Formia
L’associazione Maremoto, nella persona del presidente Maria Letizia Grella, crede fermamente nello sviluppo turistico del territorio attraverso una collaborazione indispensabile tra operatori, associazioni, enti, al fine di poter offrire una proposta di turismo sportivo integrato con storia, cultura, enogastronomia, archeologia, che possa valorizzare le innumerevoli risorse presenti.
Per qualsiasi informazione o proposta di collaborazione siamo sempre disponibili con contatti sul sito internet www.camminodegliaurunci.org
Sport, cultura, natura e amicizia a 6 zampe nel territorio di Spigno Saturnia Superiore.
Continuano le camminate in compagnia del proprio amico quadrupede, organizzate dall’associazione Maremoto, con la guida naturalistica Linda Contreras e l’educatrice cinofila Adele Adipietro, ai piedi dei Monti Aurunci, nel territorio di Spigno Vecchio, immersi nella natura ai confini del Parco dei Monti Aurunci.
La terza domenica, quella svolta lo scorso 23 maggio, organizzata per dare la possibilità agli amanti dell’attività all’aria aperta di condividere un’esperienza in montagna in tutta sicurezza con i consigli di Adele e scoprendo i segreti del territorio con Linda. Ma l’allenamento è anche per lui, il nostro amico più fidato, il cane, con il quale abbiamo finalmente la possibilità di condividere questa bellissima esperienza in montagna.
Il dog walking è una disciplina sportiva che coinvolge il cane e il suo padrone in una salutare camminata sportiva, all’aria aperta, di lunga durata, il cui scopo è di migliorare la qualità della vita di entrambi attraverso il movimento. L’ itinerario odierno, altamente suggestivo , si snodava ad anello nel comune di Spigno e con l’ausilio del singolare tandem di professionisti, con il compito di illustrare le peculiarità del territorio e per i padroni il corretto comportamento da tenere in compagnia del proprio cane in natura. Il tandem, con grande soddisfazione dell’organizzazione, è stato particolarmente apprezzato dai partecipanti che si sono detti pronti a partecipare ad altre escursioni e addirittura a proporle. L’associazione Maremoto di certo non li farà attendere ed ha già organizzato la prossima uscita sul territorio il prossimo 6 Giugno a Campello di Itri.
Per informazioni sul prossimo evento: https://www.camminodegliaurunci.org/eventi/campello/
“Ad ognuno la sua guida” … sarebbe questo il nome giusto per l’evento che si è svolto il 25 Aprile sull’anello di Acquaviva nel territorio dei Monti Aurunci: un Dogwalkingin compagnia di una guida naturalistica e di un educatore cinofilo.
Non si è trattato di una semplice passeggiata ma di un percorso di benessere per cani e padroni che hanno potuto unire l’attività sportiva alla conoscenza del territorio aurunco, con le sue peculiarità raccontate dalla guida naturalistica Linda Contreras del Centro Guide Turistiche di Gaeta.
Tanti sono stati i preziosi consigli dispensati dall’educatrice cinofila Adele Adipietro dell’Olimpo del Cane di Formia, dalla preparazione dello zaino, per le esigenze del cane in montagna, alla gestione dell’escursione in ambiente montano con tutte le difficoltà che può presentare per l’amico a 4 zampe.
L’evento, promosso dall’Associazione Maremoto, è il primo di una serie di appuntamenti dedicati a questa disciplina che abbina l’attività fisica del padrone e del cane unitamente alla conoscenza del territorio, dal punto di vista naturalistico, storico, delle tradizioni e della enogastronomia.
Questa prima edizione è stata riservata necessariamente ai soli residenti del Comune di Formia, essendo in fascia arancione e si è svolto nel rispetto della normativa anticovid, grazie anche all’ausilio di ricetrasmettitori individuali, che hanno permesso di ascoltare le guide durante l’escursione nel rispetto del distanziamento.
Per informazioni sulle prossime escursioni è possibile seguire la pagina facebookdell’Associazione Maremoto,oppurela sezione Eventi del sito
La razza sembra essere originaria dell’area dei Monti Ausoni e dei Monti Aurunci e derivante dal tipo caprino conosciuto come “Bianca Romana”, descritto nel Lazio tra il XIX ed il XX secolo. Il nome di razza “Monticellana” ha derivazione da Monticelli, antico nome mantenuto fino al 1862, dell’attuale Comune di Monte San Biagio, nella Provincia di Latina.
Rolando Belardoni, gastronomo, ha intervistato numerosi pastori sul territorio aurunco per la sua tesi di laurea. Tra i pastori intervistati è stata riscontrata una significativa attitudine all’impiego di razze caprine autoctone negli allevamenti. I pastori mi spiegano che le ragioni di questa scelta sono legate alla morfologia del territorio, i cui sentieri sono caratterizzati dalla presenza di pietre, arbusti bassi e ricoperti di rampicanti spinose, che impediscono alle capre di poter muoversi agevolmente senza strofinare le mammelle su pietre e arbusti. Per questo motivo vengono selezionati animali con mammelle alte e rotonde che anche quando sono piene di latte riescono a rimanere sufficientemente alte rispetto al suolo, riducendo il rischio di strofinamento che spesso produce ferite e infezioni. Si può sostenere che questo rapporto di co-evoluzione dell’animale con il territorio sia il frutto dell’intermediazione culturale dei pastori.
Al di là di questo aspetto, l’attitudine di alcuni pastori alla selezione delle razze autoctone è motivata anche da esigenze di tipo estetico. Tre dei sette pastori intervistati hanno selezionato greggi composte quasi totalmente da una sola razza, partendo da greggi di capre miste ereditate dai padri. In un caso è stato creato un gregge di razza “bianca monticellana”, negli altri due casi i pastori hanno selezionato greggi composti quasi unicamente dalla razza “grigia ciociara”.
Un allevatore impegnato nella selezione della “grigia ciociara” mi dice che “si tratta di razze di montagna, che non hanno un’attitudine da latte. La loro produzione non supera 1,5 litri al giorno, mentre una razza da latte può produrre fino a 4 litri di latte al giorno”. La loro selezione è dovuta non solo alla qualità del loro latte.
I produttori sostengono che il contenuto di grassi e proteine di queste razze sia superiore rispetto alle normali razze da latte – e alle loro capacità di adattamento a un territorio aspro, ma soprattutto per la loro bellezza. Questo aspetto è particolarmente significativo per alcuni pastori. Uno di loro afferma: “la vista di un animale di grande bellezza mi fa emozionare come quando vado a una festa e incontro una bella donna”. Al di là di queste considerazioni, mi spiegano che la bellezza della capra risiede nella tonalità e nell’uniformità dei colori del vello, e in modo particolare nella forma delle corna e delle orecchie. Queste ultime sono preferite quando presentano una forma che in dialetto viene chiamata a “pannella”, ossia piatte e pendenti. Per quanto riguarda le corna, si apprezzano particolarmente quelle che presentano una forma parzialmente elicoidale, dritte e leggermente inclinate lateralmente, che in dialetto vengono dette “zappetelle”. Un altro pastore considera attraenti anche le capre “capannole”, cioè quelle che presentano corna uniformi, lisce e ripiegate verso l’interno. Come già accennato, durante le visite è stato possibile apprendere che la capra “grigia ciociara” e la “bianca monticellana” sono due razze inserite nel Registro Volontario Regionale delle razze autoctone a rischio di estinzione istituito recentemente da una legge regionale. Alla luce di questo dato è stato ritenuto opportuno procedere alla segnalazione delle due razze caprine nel catalogo dell’“Arca del Gusto”, un progetto creato dall’associazione Slow Food che si occupa della tutela della biodiversità in relazione alle produzioni alimentari.
È stata riscontrata inoltre la presenza di capre con assenza totale di corna, che vengono dette “cucche”. Mi spiegano che l’assenza di corna serve a favorire la convivenza pacifica di capre e pecore quando si è in presenza di greggi misti. Un pastore più anziano racconta che “durante il fascismo le capre venivano tassate maggiormente rispetto alle pecore perché erano più impattanti sul territorio, quindi venivano selezionate le capre “cucche” perché potevano confondersi più facilmente nel gregge di pecore”.
Un “piatto” tipico della tradizione Spignese. Ingrediente principale è la cicoria, rigorosamente raccolta fresca e scelta con cura. Viene bollita, strizzata ben bene e tagliata finemente. Si fa quindi soffriggere in padella con olio d’oliva locale, viene aggiunta la mentuccia e pezzetti di spicchi di aglio. Alcuni aggiungono anche del peperoncino. Una volta insaporito il tutto, si aggiunge farina di grano o mista a farina di granturco e si spruzza alla fine un po’ di aceto. Si ottiene così una specie di frittata che si cuoce facendola rosolare bene da entrambe le parti e si mangia ancora fumante, meglio se con pane casereccio e un buon bicchiere di vino.
Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni
Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.